ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA CRONACA DI ROMA SUL LICEO BIOMEDICO DEL PIO IX AVENTINO

Roma, nuovo liceo «biomedico»: scienza, tecnologia e laboratori

di Flavia Fiorentino

Carenza di medici, concorsi deserti da Nord a Sud, previsioni che indicano 47mila ospedalieri in meno nell’arco di una decina d’anni. E, più in generale, il gap ormai strutturale tra il numero di laureati in materie tecnico-scientifiche, sempre più esiguo, e le richieste da parte delle aziende del settore, costantemente in crescita. Un tentativo di dare una risposta alle esigenze del mercato del lavoro, anche con l’obiettivo di frenare la fuga dei talenti, arriva dal Lazio, dove quest’anno partirà il primo «Liceo delle scienze applicate con curvatura biomedica». Una proposta innovativa che punta su competenze avanzate negli studi scientifico-tecnologici attraverso l’approfondimento di materie che spaziano dalla fisica medica alla biologia, dalla matematica alle scienze della terra, da farmacia a veterinaria, chimica e robotica.

Un progetto che nasce all’Istituto paritario Pio IX all’Aventino, dopo la «chiusura» due anni fa, del liceo classico e scientifico. A tenere a battesimo questo nuovo indirizzo sarà Mario Rusconi, storico preside del Newton, ex del Tasso e portavoce nell’Anp (Associazione nazionale presidi) dei dirigenti scolastici della Regione. Ufficialmente in pensione dal 2012, Rusconi è oggi di nuovo preside al Pio IX. «L’indirizzo biomedico faciliterà i ragazzi ad affrontare i test di medicina, veterinaria, ingegneria o altri corsi a numero chiuso, ma aprirà le porte anche a tante nuove professioni che si stanno delineando nel campo delle biotecnologie e della statistica medica. Servono attività laboratoriali, acquisizione di competenze sul campo e non solo lezioni frontali».

Il percorso di studi, svolto in parte in lingua inglese, sarà affiancato da attività laboratoriali di 30 ore all’anno presso l’Università Cattolica e l’ospedale Gemelli. «Una proposta che integra l’offerta della scuola superiore tradizionale con gli insegnamenti più innovativi degli ultimi dieci anni — aggiunge Rusconi — . Dal coding, la capacità di progettare a livello informatico, fino alla robotica. Si rivolge a quei giovani che hanno passione per l’informatica e internet ma non vogliono restare solo degli “smanettoni”».

Si parte quest’anno con 12 studenti, ma già dal prossimo si punta ad avere due prime classi di una ventina di alunni ciascuna. «C’è molto interesse anche da parte delle ragazze – spiega il preside -. Le donne rappresentano il 53% dei laureati ma sono ancora molto poche quelle che scelgono materie scientifiche. Nei nostri corsi abbiamo molte docenti donne, come Simona Nanni, dell’istituto di Patologia medica e semeiotica del Gemelli, o Donatella Lucchetti, del corso di Patologia generale alla Cattolica. E poi la mia vicepreside, Vittoria Ceravolo». E su che effetto fa tornare ancora una volta da preside tra insegnanti e studenti, Rusconi non ha un attimo di esitazione: «Mi sembra di aver fatto ieri l’ultimo consiglio dei docenti. Una sensazione che sorprende anche me».

SCAMPIA, UN PAESAGGIO “RIFLESSO” NEL SIMBOLO DEL TERZO PARADISO

Il 6 luglio si è concluso nel quartiere napoletano di Scampia il “Simposio d’Arte Contemporanea Internazionale”, festival che ogni anno coinvolge artisti da tutto il mondo. Per l’occasione sono stati organizzati numerosi eventi, performance e laboratori creativi, coinvolgendo bambini e adulti provenienti da contesti sociali delicati.
Scampia propone un insieme di attività artistiche convogliate nel progetto “Simposio d’Arte Contemporanea Internazionale”, con l’intento di riscattare e valorizzare il quartiere dal punto di vista sociale.
Cresciuto nella realtà degradata di questo piccolo borgo nella periferia a nord di Napoli, Fabio Cito – direttore artistico del festival, ndr – racconta come abbia avuto origine il suo progetto sociale: “Scampia è sempre stato un quartiere connotato negativamente, considerato punto caldo delle principali organizzazioni mafiose occupate nella vendita di sostanze stupefacenti”. Dalle parole di Fabio si evince sconforto e la consapevolezza che un intervento di recupero sociale sia urgente e necessario.

L’idea del “Simposio d’Arte Contemporanea Internazionale” nasce proprio a partire da questo presupposto: si tratta di un evento annuale promosso dalla società cooperativa ONLUS “Occhi Aperti”, che quest’anno ha avuto luogo a Scampia tra il 29 giugno e il 6 luglio. Artisti da tutto il mondo sono stati invitati a partecipare proponendo attività di ogni genere per bambini, adolescenti e adulti. Tra i principali protagonisti dell’evento ricordiamo la pittrice francese Delphine Manet; il pittore turco Evrim Ozeskici; la performer e pittrice finlandese Katja Jhuola; lo scultore e pittore senegalese Mor Talla Seck; la performer e pittrice iraniana Sanya Torkmorad-Jozavi; la pittrice rumena Smaranda Moldovan; il performer e pittore inglese Tony White; e gli artisti italiani Franco UmbertiniGrazia Simeone e Vittorio Tonon.
Il loro lavoro ha attinto sia dalla propria arte e creatività sia dall’interpretazione personale del tema selezionato per quest’anno: lo specchio.

“Lo specchio ha assunto una connotazione sempre diversa in tutto il corso della storia dell’arte – afferma il direttore artistico del festival, spiegando le ragioni della scelta – dall’antica Grecia ad oggi, passando per Bosch, Escher e con la psicanalisi di Freud, esso è stato associato a molteplici interpretazioni legate alla scoperta della propria immagine riflessa, all’indagine del sé e del proprio inconscio”.
Lo specchio è l’unico mezzo in grado di riflettere in maniera oggettiva e istantanea la realtà che ci circonda: per questo motivo Fabio lo ha scelto come tema centrale dell’evento di Scampia.
“Il quartiere – continua il direttore artistico – è da sempre connotato negativamente come fulcro di vita malsana. Molti giovani vagano per le strade abbandonati a sé stessi: da alcuni sondaggi emerge una percentuale rilevante di malavita e affari illegali”.

Il “Simposio” si propone come progetto di recupero sociale: esso si inserisce proprio nell’ottica di dare a questi ragazzi la possibilità di esprimersi attraverso l’arte, in maniera libera e slegata da ogni giudizio. Giudizio e pregiudizio: due parole chiave che caratterizzano la realtà degradata di un quartiere che, nonostante tutto, non si arrende. Lo specchio interviene proprio con l’intento di rappresentare il territorio nella maniera più oggettiva possibile, dimostrando come, anche una realtà apparentemente decaduta come questa, possa trasformarsi in centro fertile e creativo.

Ma come si inserisce, in tutto ciò, il messaggio del “Terzo Paradiso”?
All’interno del festival, uno tra i più interessanti interventi è stato quello dell’artista, nonché ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso, Grazia Simeone: attraverso tre attività organizzate in collaborazione con il comune di Giugliano e l’ASL di Napoli, Grazia ha coinvolto un gruppo di bambini rom nella creazione di opere d’arte che dessero loro la piena libertà di esprimersi; ha organizzato, inoltre, una giornata intitolata “Dream Team” dedicata alle donne di Scampia e, infine, in occasione dell’inaugurazione del nuovo servizio di mammografia digitale, ha dato vita personalmente ad una performance (nella sede dell’ASL di Napoli), il cui fulcro era proprio il “Terzo Paradiso”.

Il messaggio di Michelangelo Pistoletto rievoca l’obiettivo principale di questo “Simposio artistico”: conferire a Scampia e ai suoi abitanti una nuova, più autentica, identità.

Come scrive Mattia, un ragazzo appassionato di fotografia che ha partecipato ad un progetto di reportage del quartiere, “la periferia te la porti dentro anche quando sei al di fuori di essa”. Il suo pensiero riflette il significato del simbolo ideato dall’artista biellese: il territorio degradato di Scampia e le criticità sociali si risolvono, così, nel segno del “Terzo Paradiso” che permette all’arte di esprimersi liberamente al di là delle convenzioni sociali.

REBECCA MASLOWSKY11/07/2018

Cittadellarte JOURNAL

“Station School”

Quado ho varcato per la prima volta la soglia della “Station School” nella stazione di Giugliano- Qualiano, era mattina. Pioveva. Faceva freddo.

Nel pullman avevamo parlato tra di noi: c’era chi fremeva di gioia, chi di agitazione, chi di vera e propria paura.

Siamo arrivati in anticipo e abbiamo cominciato a sistemare i banchi e le panche, mobili di fortuna, se comparati ai robusti banchi color crema, che avevo da poco salutato nella mia classe di Roma.

Tutto era diverso da ciò cui ero abituata, eppure anche quella una a scuola. Non mancava niente: una lavagna con dei gessi; due insegnanti qualificate; quaderni; penne; matite colorate; una lezione da apprendere…

C’eravamo addirittura noi, gli “invitati speciali”.

Era tutto pronto; mancavano solo gli alunni. Si trattava di una cinquantina di bambini dal campo ROM di Giugliano, i loro, i nostri “bambini bellissimi”. Poi sono arrivati anche loro: felici, allegri, pieni di vita, incuranti della pioggia, del freddo, dei propri vestiti, dei nostri volti impauriti, delle difficoltà che avrebbero incontrato nel corso dell’apprendimento. Ci hanno trascinato in quel vortice di gioia, di fatica, ma soprattutto, di volontà e voglia di conoscenza. Non era mai capitato a nessuno di noi.

Ci trasciniamo stanchi e assenti nei corridoi della scuola ogni giorno, spinti più dalle parole dei nostri genitori che dalle nostre stesse gambe, aspettando solo il momento in cui la campanella suonerà e potremo finalmente tornare a casa per lasciarci scivolare dentro le vite che ognuno di noi si costringe a vivere.

Quei bambini ci hanno dimostrato ancora una volta con la loro sensazionale semplicità che l’istruzione è l’arma più potente per cambiare il mondo.

La “Station School” è la nostra opportunità di farlo.

Bissera, Bruno, Giacomo, Merlino, tutti gli altri bambini, tutti noi, cittadini di questo Pianeta, meritiamo che qualcuno ci metta nelle condizioni di poter imparare.

La “Station School” non è un luogo, ma una comunità di cuori dediti all’istruzione di coloro che sono stati dimenticati.

Tutti noi siamo parte di questo meraviglioso mosaico di civiltà, in cui l’unico vero maestro è l’Amore. Nella “Station School” i “bambini bellissimi” mi hanno insegnato che, se illuminato dalla luce della fede, il mondo realmente appare sotto un’altra prospettiva.

Fratel Raffaele e i suoi collaboratori incarnano ogni giorno per ognuno di noi i pilastri che, attraverso questa scuola, sorreggono le fondamenta della rete lasalliana.

Questi bambini sono come me.

Sono studenti lasalliani e lo sono grazie alla “Station School”.

Noi tutti, uniti dalla speranza che questa nuova e bella opportunità rappresenta, formeremo insieme un disegno più grande: una Stella. Noi tutti avremo sempre fede in quell’astro, che ci indica la via più giusta da seguire nei momenti di smarrimento, ricordandoci quanto sia importante conoscere il prossimo per poterlo amare.

Rosalia Anna D’Agostino

Il Papa ai ragazzi delle medie del Filippin: “pregate per me”

Il Papa ai ragazzi delle medie del Filippin: “pregate per me”

La Vita del Popolo – Nino Gasperini ha 13 anni, abita con la sua famiglia a Crespano e frequenta a Paderno del Grappa la seconda media presso gli Istituti “Filippin” dei Fratelli delle Scuole Cristiane, una Congregazione Religiosa Cattolica fondata nel 1680, in Francia, da San Giovanni Battista de La Salle.

A far parlare in questi giorni tra i corridoi della Scuola Secondaria di Primo Grado di via San Giacomo 4 è un suo disegno, ispirato al programma televisivo “Padre Nostro” ideato e condotto da don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, con la regia di Andrea Salvadore. Nel disegno, le parole della preghiera sono ritratte assieme a Papa Francesco, che è stato l’ospite fisso del programma andato in onda su Tv2000, in nove puntate, nell’autunno scorso.

Un’immagine densa di evocazione e di fede bambina arrivato direttamente nelle mani del Santo Padre che lo ha fatto ritornare al mittente, impreziosito di parole commoventi, vergate di suo pugno sopra il disegno: «Ai bambini della Scuola Padre Filippin, ringraziando per aver dipinto con il cuore la preghiera che abbiamo imparato da piccoli. Per favore, pregate per me. Con la mia benedizione (Francesco)».

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